La guida completa ai test di neuromarketing
Il neuromarketing si differenzia dal marketing tradizionale per le metodologie di analisi, le quali prevedono test eseguiti in laboratorio con strumenti scientifici oppure online, su piattaforme dedicate. Quali sono tutti i test di neuromarketing che si possono condurre?
Preferisci una Coca oppure una Pepsi?
Quante volte ci hanno fatto questa domanda? Anche se le parole impiegano qualche secondo per uscire dalla nostra bocca, il nostro cervello già ha deciso in pochissimi istanti cosa vuole. Non ce ne accorgiamo consciamente e spesso non vogliamo ammetterlo, ma quando ci viene posta la scelta si scatena una cascata di associazioni e ricordi che influenzano la scelta.
Se voglio una Coca, il cervello lo sa immediatamente.
Perché citare le bevande analcoliche gassate per parlare di esperimenti di neuromarketing?
Coca Cola vs. Pepsi: il primo test di neuromarketing
Il caso Coca-Cosa vs. Pepsi è una delle ricerche più famose in campo accademico e uno degli esempi che ha fatto la storia della disciplina.
La preferenza nei confronti di una o l'altra bevanda in diversi contesti è stata approfondita in una ricerca condotta nel 2004 dal neuroscientiato americano Read Montague e colleghi. Che cosa hanno scoperto?
Quando l’etichetta veniva omessa, le persone preferivano la Pepsi. Questo dato era confermato dai risultati della risonanza magnetica funzionale (fMRI), i quali dimostravano l’attivazione della corteccia prefrontale ventromediale, regione del cervello coinvolta nella presa di decisioni.
Tuttavia, quando venivano mostrati i due brand, i ricercatori hanno notato uno spostamento delle preferenze per Coca-Cola e l’attivazione dell’ippocampo e di altre aree che, nel caso di Pepsi, non si erano accese. Il marchio attiva quindi una serie di ricordi che modificano le scelte e possono ingannare i nostri sensi. Infatti, anche facendo assaggiare diversi bicchieri della stessa bevanda, le preferenze ricadevano per quelli che avevano applicato il nome Coca-Cola. La scoperta è straordinaria!
Da questa ricerca è nato l’interesse nello studiare e approfondire l’efficacia dei brand e della comunicazione in modo scientifico: nasce così il neuromarketing.
L'obiettivo della disciplina è quello di creare contenuti sulla base dell'evidenza pratica. I professionisti del marketing hanno realizzato che non è possibile progettare campagne pubblicitarie, packaging o spot ignorando le reazioni implicite dei loro target.
I focus group, una tecnica qualitativa molto diffusa, hanno da tempo mostrato alcuni punti deboli. Ad esempio, come dimostra il caso Coca-Cola vs. Pepsi, ciò che i consumatori affermano di gradire non coincide con la bevanda che stanno assaggiando, poché influenzati dalle informazioni che vengono fornite.
Come si possono conoscere le scelte inconsce della nostra mente?
Test di neuromarketing in laboratorio
Condurre un test di neuromarketing all’interno di un laboratorio è il modo più completo per capire se una comunicazione funziona ed è efficace sui propri consumatori. Il laboratorio permette l’utilizzo di strumenti di neuromarketing quali eye-tracker, GSR ed EEG.
Test su packaging, ADV, spot, landing page
Cosa accomuna questi stimoli di comunicazione? La possibilità di essere testati con strumenti scientifici.
L’eye-tracker, fisso o mobile, permette di capire non solo dove le persone guardano ma anche la dilatazione delle pupille e il tasso di frequenza con il quale si sbattono le palpebre. Ad esempio, una maggiore dilatazione delle pupille equivale uno a sforzo cognitivo maggiore.
L’eye-tracker è utilizzato inoltre in ambiti diversi da quelli della pura ricerca; infatti, esso viene utilizzato anche nel settore del gaming.
GSR è una sigla che significa Galvanic Skin Response, ovvero la risposta galvanica della pelle che, analizzata attraverso degli elettrodi applicati sulle dita, permette di comprendere quanto (e quando) una persona si emoziona nel guardare una comunicazione. Conoscere la risposta del sistema nervoso periferico è importante perché maggiore è l’emozione registrata più è probabile che uno stimolo comunicativo venga ricordato. Guarda l'esempio di un risultato di un test in laboratorio.
I risultati di un esperimento condotto nel laboratorio di NeurExplore. La linea in basso rappresenta il GSR, che in questo caso dimostra un interesse che diminuisce nel tempo.
Test di usabilità
Un test di usabilità consiste in precisi task che un utente deve compiere all'interno di un sito o una app seguiti da domande di approfondimento sull’esperienza. Un test completo prevede l’utilizzo dell’eye-tracker che, sia su desktop che mobile, registra i clic/tap, rende evidenti le aree ignorate delle interfacce e i percorsi di navigazione.
L'analisi dell’usabilità può prevedere anche la tecnica del thinking aloud protocol: gli utenti sono invitati a commentare ad alta voce non solo le attività che stanno svolgendo ma anche i loro pensieri. In questo modo si registrano tutte quelle espressioni che indicano le aree più difficili da navigare, comprese le esclamazioni (positivi e negative).
È possibile anche condurre un usability test a distanza, collegandosi ai dispositivi da remoto e fornendo le istruzioni a voce o scritte. Tuttavia, si perde la componente scientifica dell’esperimento non avendo a supporto i dati dell’eye-tracker. Nonostante esistano degli strumenti basati sull’utilizzo della webcam, solitamente si sconsigliano per via della precisione ridotta e per la minore capacità di analisi dei dati.
IAT – Implicit Test Association
L’implicit test association è uno strumento che proviene dalla psicologia sociale.
Lo IAT, come suggerisce il nome, misura le associazioni che le persone (o meglio, i loro cervelli) fanno in presenza di determinati stimoli. I soggetti che partecipano all'esperimento hanno a disposizione uno strumento con due tasti da premere che corrispondono a un'affermazione e una negazione nei confronti dello stimolo che viene presentato su schermo.
Esistono diverse varianti delle modalità di interazione, tuttavia non cambia l'obiettivo del test.
Di fondamentale importanza è l’analisi dei tempi di risposta, perché è proprio in questi che si nascondono i ragionamenti inconsci. Impliciti, per l’appunto.
L’obiettivo che il neuromarketing vuole perseguire è quello di comprendere le risposte istintive delle persone. Al contrario, le tecniche classiche di ricerca prevedono l’analisi delle dichiarazioni che, come dimostrano numerosi studi e casi aziendali, non corrispondono sempre alle reali intenzioni.
Test comportamentali
Cosa differenzia un sondaggio da un test comportamentale? Osservando i risultati a prima vista potrebbero essere difficili da distinguere, tuttavia i sondaggi utilizzano domande a risposta chiusa, mentre i test del secondo tipo prevedono la libertà di espressione dei soggetti.
Le domande a risposta chiusa sono da evitare poiché condizionano fortemente le persone.
I behavioral test possono essere eseguiti sia in laboratorio che online. Nel primo caso vengono somministrati alla fine di un test sulla comunicazione oppure un’esperienza di navigazione. In laboratorio, solitamente vengono fatti questi approfondimenti:
- effetto priming, ovvero le associazioni mentali spontanee nei confronti di ciò che si è appena visto
- emozioni provate
- aspettative di utilizzo del prodotto/servizio
- propensione all’acquisto
- disponibilità a pagare per il prodotto/servizio
- memorizzazione degli elementi della comunicazione o del prodotto
Al termine di un’esperienza di navigazione vengono sondate le aspettative nei confronti di pulsanti e dei percorsi di navigazione. Un test di usabilità può essere seguito anche da domande circa le principali difficoltà riscontrate, le emozioni provate nel compiere i task e la memorizzazione degli elementi.
In generale, possono essere approfonditi inoltre scenari e prodotti o servizi non ancora lanciati sul mercato. Queste analisi si prestano ad essere condotte non solo in presenza ma anche online.
Test di neuromarketing online
Si può condurre un test di neuromarketing online? Anche senza l’aiuto degli strumenti scientifici è possibile condurre alcuni tipi di analisi a distanza. La più diffusa è quella dei processi decisionali.
L’analisi strategica dei processi decisionali è uno strumento che fornisce una guida alle aziende per comunicare i propori prodotti e servizi.
Quanti soggetti in target sono necessari? A differenza dei focus group, che per motivi dettati dalla loro natura richiedono molto tempo per raccogliere un gran numero di dati, l’analisi dei processi decisionali può essere condotta anche su centinaia di persone alla volta.
Le piattaforme dedicate alla raccolta delle risposte forniscono solitamente entro qualche ora e ricompensano i partecipanti con denaro oppure dei buoni sconto. Per questo motivo i dati che si ricevono sono di buona qualità.
I limiti del neuromarketing
Strumenti avanzati, comprensione delle risposte inconsce e delle emozioni delle persone. Il neuromarketing ha dei limiti? La risposta è sicuramente positiva poiché la conoscenza che abbiamo del cervello umano, per quanto abbia fatto dei grandi passi negli ultimi decenni, è ancora alle fasi iniziali.
Inoltre, gli strumenti di analisi hanno una buona affidabilità che è tuttavia lontana dalla perfezione. Gli eye-tracker disponibili sul mercato vengono continuamente aggiornati nelle loro caratteristiche hardware e software.
Il neuromarketing è una disciplina recente, per questo motivo solo la continua ricerca potrà portare a nuove conoscenze e nuove pratiche di analisi sempre più precise e valide.
Riferimenti bibliografici:
McClure, S. M., Li, J., Tomlin, D., Cypert, K. S., Montague, L. M., & Montague, P. R. (2004). Neural correlates of behavioral preference for culturally familiar drinks. Neuron, 44(2), 379-387.
Pubblicato il: 23/03/2021