Neurogastronomia: mangiamo con il cervello?
Una disciplina molto vicina al neuromarketing è la neurogastronomia. Moltissimi studi negli ultimi anni hanno scoperto che le persone mangiano col cervello piuttosto che con la bocca. Abbiamo condotti alcuni studi che dimostrano come mentre gustiamo un piatto non sono coinvolti solo i cinque sensi ma anche ricordi ed emozioni.
Cos’è la neurogastronomia? Questa branca delle neuroscienze ha come obiettivo capire il comportamento del nostro cervello mentre mangiamo, beviamo o dobbiamo giudicare un prodotto osservando il suo packaging. Sono molto interessanti anche quegli studi che non solo indagano le risposte del cervello davanti ad uno stimolo come un piatto o una bevanda (come si farebbe in un classico studio di neuromarketing), ma anche a seconda dell'ambiente: l’esposizione a luci, colori, profumi e suoni cambia la percezione stessa del cibo che stiamo mangiando. La neurogastronomia ha delle implicazioni per le aziende davvero sorprendenti perché testando queste variabili è possibile aumentare sia la qualità percepita dei prodotti che la disponibilità a pagare.
Come la neurogastronomia può migliorare l’esperienza di un ristorante o di un prodotto tenendo conto non solo dei nostri sensi ma anche della nostra memoria, ricordi ed emozioni? Scopriamolo con tre esempi provenienti da ricerche condotte da ricercatori universitari e da nostri esperimenti.
Esposizione a informazioni differenti
In un esperimento condotto dal nostro team abbiamo chiesto a 40 sommelier di assaggiare 4 vini rossi dicendo loro che provenivano da diverse località geografiche: Piemonte, Trentino, Veneto e Basilicata. È stato chiesto ai sommelier quale vino secondo loro fosse qualitativamente superiore. La maggior parte delle persone aveva dichiarato come il vino piemontese e della Basilicata fossero i migliori. Il risultato è sorprendente per un semplice dato: i 4 vini erano identici, mentre le informazioni fornite prima dell'assaggio erano differenti. L'esperimento è stato poi condotto una seconda volta con soggetti non esperti e i risultati confermarono il primo test. Questo dimostra come l’esposizione a informazioni differenti cambia decisamente la percezione che abbiamo di un prodotto.Packaging
Quanto è determinante il packaging sulla percezione della bontà di un cibo? Molto più di quanto si possa immaginare. Ad esempio, come far percepire le patatine fritte in sacchetto come più salutari? Sostituendo le confezioni lucide con materiali più opachi. Questo per far ridurre al consumatore la percezione legata all’unto del prodotto e aumentare quella legata alla salute. Un altro esempio? Uno studio di Folkes e Matta1 del 2004 ha dimostrato come packaging con forme non comuni facciano percepire una quantità di prodotto più elevata.
Rituali
I rituali sono fondamentali in moltissimi aspetti della vita delle persone, anche in cucina! Un esempio deriva da un altro esperimento che abbiamo condotto. Presso un locale abbiamo fatto mangiare gli stessi piatti a due gruppi di persone, con una piccola differenza: ad uno dei due gruppi il pasto era preceduto da un rituale che prevedeva di intingere in alcune salse del pane, facendo seguire determinate mosse. Misurando il gradimento del pasto con un questionario abbiamo rilevato come il rituale aumentava sia la qualità percepita che la disponibilità a pagare.
Sei curioso di sapere quali altri effetti studia la neurogastronomia? Scrivici!
(1) Folkes V., Matta S. (2004). "The Effect of Package Shape on Consumers’ Judgments of Product Volume: Attention as a Mental Contaminant". Journal of Consumer Research Vol. 31, No. 2, pp. 390-401.
Pubblicato il: 27/02/2019